NOVI VELIA



Novi Velia è un caratteristico borgo medievale immerso nel cuore del Parco Nazionale del Cilento , del Vallo di Diano e degli Alburni. Sorge su una collina a 636 mt dal livello del mare ed è ai piedi del Monte Gelbison, o più comunemente conosciuto come Monte Sacro ( sede di uno dei Santuari Mariani più antichi ed importanti del Mezzogiorno), alto 1707 mt. E' una posizione geografica invidiabile, anche perché a circa 20 min di auto si trova il mare della costiera Cilentana.

Novi velia è un paese ricchissimo di storia, di tradizioni popolari, di cultura, le cui origini si perdono nella notte dei tempi (VI sec. a.C). Per la sua ubicazione strategica ha da sempre ricoperto un ruolo di primo piano nelle vicende dell'entroterra del Cilento; a testimonianza gli antichi palazzi, le numerose Chiese, la Torre quadrata. Novi Velia fu un importante centro feudale già in epoca Longobarda (660 d.C), divenne, poi, Signoria sotto le dominazioni Normanne e poi, per un lungo arco di tempo, sede Baronale, ospitando nobili e potenti famiglie e l'abbazia dei Padri Celestini. Fino al 1872 fu anche residenza vescovile.

Novi Velia è facilmente raggiungibile. Dall'autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria l'uscita consigliata è Battipaglia per chi proviene da Nord e Eboli per chi proviene, invece, da Sud. Poi basta seguire le indicazioni Battipaglia, Agropoli, Vallo della Lucania.

Lungo la superstrada "Cilentana" - variante SS 18, dopo lo svincolo per Vallo Scalo, lo sguardo spazia fra le verdi colline, fra la vegetazione tipica della macchia mediterranea. Puntando il naso all'insù, dopo una breve galleria, è facilmente visibile la sagoma imponente del Monte Gelbison, che fa da guida. Si deve continuare fino all'uscita per Vallo della Lucania.

Per chi, invece, proviene dalla parte meridionale della vastissima Provincia di Salerno (lungo la costa Marina di Pisciotta, Sapri, Palinuro, Camerota, Scario) la via più diretta è la superstrada "Cilentana" in direzione Salerno con uscita allo svincolo di Vallo della Lucania. Da Vallo della Lucania mancano circa 5 km per raggiungere Novi velia. Tutto ciò se si preferisce viaggiare in auto.

Nel caso si volesse utilizzare il treno la stazione FS di riferimento è quella di Vallo della Lucania - Vallo Scalo - Castelnuovo. Dalla stazione partono autobus di linea che permettono di raggiungere Novi Velia.


LE BELLEZZE DI NOVI VELIA E I MONUMENTI STORICI.

La visita di Novi Velia non può non partire dal centro storico, dall'acropoli, la parte più alta del borgo medievale cilentano che comprende l'ex Chiesa di San Giorgio, l'Abbazia dei Celestini e la Torre Medievale.

Ma andiamo con ordine. La prima struttura che cattura lo sguardo e la curiosità è l'ex Chiesa di San Giorgio. Chiesa antichissima. La prima costruzione risale ai padri Basiliani (XII sec.) frati laici che potevano sposarsi, fuggiti da Bisanzio e dai Balcani (700 circa d.C) che si rifugiarono nei boschi del Cilento e seppero bene integrarsi con le popolazioni del posto. Questa Chiesa ( come l'ex Chiesa Annunziata e il Santuario di Maria del Sacro Monte) presenta l'orientamento bizantino (Est-Ovest) differente da quello preferito dal clero secolare occidentale (Ovest-Est) che caratterizza, per esempio, la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria dei Longonbardi.

La San Giorgio - per secoli Chiesa dei signori locali e da sempre punto di riferimento per la vita dello Stato di Novi - è stata recentemente restaurata, con l'aiuto prezioso dell'Ente Parco, e restituita all'uso della comunità novese come location per manifestazioni e convegni. La Chiesa è impreziosita dal massiccio portone ligneo e dagli affreschi risalenti al XIV-XV secolo.

Appoggiata al muro a est della San Giorgio notiamo i resti dello stipite della Porta San Giorgio una dei tre ingressi all'antico borgo.

Sull'altro lato c'è un altro gioiello di Novi Velia: l'Abbazia dei Padri Celestini (ordine monacale fondato da Padre Celestino). Originariamente questo edificio fu dimora baronale, poi donato ai religiosi dal Barone Marzano e, per i primi 30 anni dell'800, fu adibito a seminario Diocesano. Il complesso, recentemente restaurato in parte, conserva la tipica struttura con "celle", dei monaci lungo i corridoi porticati che circondano su due piani il "Chiostro" al centro del quale è presente l'antico pozzo. Da una porta laterale si accede all'orto dei Celestini giardino meraviglioso ai piedi della Torre millenaria. Si può anche ammirare il campanile in stile Romanico nel quale si riconosce nella parte inferiore la natura di Torre di guardia.

Attraversando Piazza del Seggio, sulla quale affaccia l'antico Castello Baronale (ora destinato a casa privata), si giunge alla Torre Medievale simbolo della preminenza politica di Novi Velia sulla vallata circostante. La Torre a base quadrata fu costruita nell'XI sec. dai Longobardi. Fu danneggiata durante la guerra tra Carlo D'Angiò e Pietro III D'Aragona (1284-1299) e fu ricostruita da Guglielmo Marzano signore di Novi. La Torre, in origine, era composta da 4 livelli di cui ancora 3 esistenti. Punto di avvistamento dei traffici della vecchia Via del Sale; carcere. Ora è visitabile nei mesi estivi e rimane aperta, con accompagnatore, anche durante i numerosi eventi invernali.

Scendendo per le panoramiche vie del borgo antico e dirigendoci verso Piazza Longobardi, ci si imbatte fra le numerose, arroccate abitazioni, di due edifici di alta rilevanza storica quali: il Palazzo Vescovile e la Chiesa di Santa Maria dei Greci.

Novi Velia fu residenza vescovile per quasi tre secoli (1600-1872) e fu scelta per la preminenza politica del Paese, per la salubrità dell'aria e per la sua privilegiata posizione geografica, la quale consentiva al vescovo di visitare frequentemente le varie diocesi circostanti rispettando i patti del Concilio di Trento (1545-1563). Il Palazzo Vescovile apparteneva ai Cocelli, una delle famiglie più antiche e più nobili del paese, che lo donarono alla Mensa Vescovile di Capaccio. Successivamente fu trasformato dal Vescovo Nicolai in sede vescovile. Attualmente è adibito a casa privata.

Adiacente al Palazzo vi è la Chiesa di Santa Maria dei Greci. Voluta fortemente dai Padri Basiliani è la Chiesa più antica di Novi Velia. Purtroppo resta ben poco della sacralità e della bellezza di un luogo di culto. E' stata acquistata dalla Parrocchia e restituita alla collettività dopo tanti di anni di casa privata.

Proseguendo nella discesa per via Caponovi e via dei Greci e passando sotto un bellissimo arco a volta che unisce due antichi palazzi baronali, giungiamo nel cuore del centro storico Piazza Longobardi che si apre innanzi alla Chiesa di Santa Maria dei Longobardi.

La Chiesa presenta una facciata in stile settecentesco ma ha origini ben più antiche. Fu costruita dai Longobardi (1200-1300) che la edificarono appoggiandola ad una preesistente cinta muraria. E' un esempio molto ben conservato di architettura religiosa e militare. E' uno scrigno di opere d'arte. La parte più antica è la cripta, anteriore all'anno mille, in stile bizantino ricca di affreschi di epoche diverse. Alla Chiesa si accede da un portone sovrastato dallo stemma della famiglia Pinto. La Chiesa composta, inizialmente, da una sola navata con pianta a croce latina in stile romanico, fu successivamente ampliata con le altre due navate nel 1700 per aumentarne la capienza e adeguarla a residenza vescovile. Quella centrale, la più antica, è impreziosita da un pregevole cassettone ligneo con riquadri decorati a tempera, cui sono sovrapposte cinque tele del '700.

Di fianco alla Chiesa di Santa Maria dei Longobardi si può notare un imponente arco denominato Porta dei Longobardi. Era una delle porte di accesso al centro storico e guarda verso il mare. Dalla Piazza ci spostiamo camminando su Corso Positano verso Piazza XIX Agosto. In alternativa si può scendere verso il Cafasso, uno dei rioni più antichi di Novi Velia, ricco di portoni, vicoletti, archi. Si può ammirare il panorama che guarda al mare dalla Piazzetta San Pio di Pietralcina. Continuando, invece, per corso Positano ci fermiamo e ci rilassiamo su Piazzetta Belvedere ammirando la vallata di Novi fino al mare. Superata piazza XIX Agosto ci si incammina in una strada stretta stretta: Borgo Barri, il rione "commerciali" di Novi velia che si sviluppava al di fuori della parte nobile dell'antico paese. Borgo Barri era un piccolo centro industriale: vi si trovavano la "ferraria" (fino al 1600 si estraeva il ferro dalle caratteristiche "terre rosse" del Monte Gelbison); la "battendera" (la gualchiera per la follatura delle stoffe); il molino e il frantoio (meglio noto come "trappito"). All'inizio di via Barri c'è la Cappella di San Rocco, cui i novesi si rivolsero con fervore durante la peste del 1656. Singolare è la storia della statua in legno dedicata al Santo (risalente al primo Novecento). Fu distrutta da un incendio il 9 marzo del 1980: si salvò solo la testa. I Novesi, popolo di testardi ma generosi, vollero che fosse subito rifatta e ne commissionarono un' identica ad una ditta di Ortisei. Poco più avanti troviamo l'ex Chiesa dell'Annunziata risalente al XVI sec. Era una Chiesa ricca con annesso il più importante ospedale di Novi Velia.

Alzando gli occhi non si può non notare la montagna sacra: il Monte Gelbison, il gigante della Valle di Novi. Sulla vetta a 1707 metri si trova il santuario della Madonna del Sacro Monte di Novi Velia, noto nel Cilento più semplicemente come santuario del Monte Sacro o Madonna del Monte.

Il sito religioso è meta di pellegrinaggi fin dal XIV secolo ed è noto per essere uno straordinario punto panoramico sul Cilento, sul Vallo di Diano e sul golfo di Salerno.

Probabilmente, nello stesso punto in cui ora è presente il santuario mariano, sorgeva un antico tempio religioso pagano, edificato dagli Enotri in onore di una loro divinità, identificata con Era. Quasi certamente il sito religioso era già conosciuto al tempo dei Saraceni: infatti Gelbison sembra derivare da Gebel-el-son, che in arabo significa "monte dell'idolo".

Si ritiene che la fondazione del santuario cristiano, sul preesistente sito pagano, risalga al X o XI secolo ad opera di monaci basiliani italo-greci che all'epoca dei Longobardi si insediarono nel Cilento. Inizialmente i monaci basiliani dovettero sistemarsi nelle grotte, di cui il Monte Gelbison è ricco, per dedicarsi alla contemplazione eremitica, per poi edificare un luogo di culto in cima al monte. Il primo documento che attesta l'esistenza del santuario risale al 1131, parla di una rupis Sanctae Maria nel feudo di Rofrano (l'altro versante del monte rispetto a Novi Velia) e si trova in un Diploma dato da Ruggero II il Normanno, all'abate Leonzio di S. Maria Grottaferrata.

In seguito il sito religioso cristiano sarebbe stato ampliato e, divenuto santuario, fu posseduto per alcuni anni dal vescovo di Capaccio ma nel secolo XIV fu acquistato dai Marzano, ammiragli del Regno, e concesso in uso ai monaci della congregazione dei celestini di Novi, per i quali aveva mutato in convento il suo castello[1]:

Nel momento in cui l'Ordine dei Celestini decadde e si estinse del tutto nel sec. XVIII, il santuario ritornò al vescovo di Capaccio.

L'edificio è a tre navate divise da colonne in pietra e la volta a botte reca decorazioni ad affresco. Oltre la chiesa, ingrandita nel 1908, fanno parte di complesso la cappella di San Bartolomeo, monaco bizantino da non confondersi con l'Apostolo, patrono di Pellare, il convento, la foresteria e altre piccole pertinenze civili e religiose.

Nel presbiterio sono collocate alcune pregevoli statue di legno tra le quali la statua lignea della Vergine che è rappresentata seduta, col Bambino sul braccio sinistro e con la destra atteggiata a distribuire favori divini. La statua della Vergine presenta il viso bruno allungato, gli occhi alla greca e una figura slanciata che sembrano rifarsi all'iconografia bizantina importata in Italia dai citati monaci basiliani.

Il santuario è meta di pellegrinaggi sin dal '300. Attualmente il santuario è aperto ai pellegrini dal martedì di Pentecoste sino alla fine del periodo estivo.

Per raggiungere la vetta ove è situato il Santuario si possono seguire a piedi i secolari sentieri dei pellegrini oppure si possono percorrere le strade carrozzabili da Vallo della Lucania o Rofrano. Lungo il percorso per giungere in cima il pellegrino incontra diversi luoghi ove la devozione popolare ritiene sia apparsa la Madonna, nonché la sorgente di Fiumefreddo (conosciuta anche come Acquafredda), con l'abbeveratoio per gli animali. Da segnalare che nei pressi del santuario è presente un monticello di pietre, formatosi con quelle pietre portate nei secoli dai pellegrini in segno di devozione, ove si erge una croce di ferro e da questo punto comincia la Via Crucis in maioliche del '700, che porta davanti al complesso del santuario.

Numerose sono le tradizioni popolari collegate al pellegrinaggio al Monte Sacro. Tra le più note si ricorda la preparazione e il trasporto al santuario delle cosiddette "cente", ovvero insieme di ceri votivi che il pellegrinaggio porta, in dono, alla Vergine. Sono conficcati su ossature di legno leggero, a forma di barca o di torre, a seconda del paese di provenienza e addobbati con nastri multicolori. Delle volte i pellegrini portano anche i "torcioni", che sono delle grandi candele dipinte, come ceri pasquali. Alcuni pellegrini prima di entrare in chiesa fanno sette giri intorno alle sue mura, (tradizione di cui si ignora il significato). Altri compiono in ginocchio il percorso dalla soglia all'altare, implorando la Vergine con gli appellativi più belli. Si ricorda infine che sino ai primi anni '80 del XX secolo, era fortemente d'uso nel Cilento, giungere al santuario sul Monte Sacro al termine di un cammino a piedi che poteva durare anche qualche giorno.

Secondo la tradizione locale, la fondazione del santuario sarebbe da attribuire ad alcuni pastori di Novi Velia, i quali volevano edificare per loro comodità un piccolo tempio dedicato alla Madonna, alle falde del monte Gelbison. Secondo la leggenda i tentativi dei pastori risultarono vani poiché al mattino trovavano disfatto il lavoro del giorno precedente. Pertanto i pastori decisero di vegliare di notte per scoprire gli autori della demolizione e portarono con loro un agnello per cibarsene. Ma, sul punto di essere ucciso, l'agnellino sfuggì loro dalle mani e corse fin sulla vetta del monte, arrestandosi davanti ad un muro che ostruiva una piccola grotta. In essa era l'effigie della Madonna. I pastori ridiscesero a raccontare l'accaduto ai compaesani e al vescovo di Capaccio, poiché allora non c'era ancora il vescovado a Vallo della Lucania. Il vescovo si recò sul luogo per constatare con i propri occhi ma, al momento di benedire la grotta, risuonò una voce dall'alto: Questo luogo è santo ed è stato consacrato dagli Angeli.

Un'altra leggenda narra che in età longobarda, due cavalieri giunsero sulla vetta del monte e mentre uno varcò il portale della chiesa per ringraziare la Madonna, l'altro non entrò nel santuario e rimase a schernire da fuori l'altro cavaliere per questo suo gesto di "debolezza" che poco si addiceva ad un vero guerriero. Ma all'improvviso il suo cavallo s'imbizzarrì e in pochi attimi raggiunse l'orlo del precipizio adiacente la chiesa per accingersi ad effettuare un salto nel vuoto. Allora il cavaliere implorò l'aiuto della Madonna la quale gli salvò la vita facendo arrestare la cavalcatura su un pinnacolo di roccia calcarea sporgente oltre il ciglio del precipizio. Da allora tale spuntone di roccia è denominato "ciampa (cioè zampa) di cavallo". Da tale episodio deriverebbe l'usanza, da parte dei pellegrini, di lanciare monetine (un tempo si lanciavano sassi del suolo sacro) nel tentativo di centrare lo spuntone di roccia. Secondo la tradizione se nel tentativo vi riesce una donna nubile, ella ritornerà al santuario da sposata, se invece è un anziano a centrare la roccia, egli farà ritorno al santuario l'anno successivo.

LE SPECIALITA' DI NOVI VELIA


Sono varie le specialità enogastronomiche di Novi Velia.

Dagli insaccati (capicolli, prosciutti, soppressate), ai vari formaggi (primo sale di capra, caciocavallo di mucca podolica, mozzarelle nella mortella), al pane casereccio con farina di "carusedda" (grano duro), alla pasta fatta in casa (fusilli, cavatielli, tagliolini), alle polpette di patate, ai tanti dolci tradizionali ("scauratieddi" col miele, cannoli con crema e cioccolata, struffoli).

Ma il prodotto tipico più conosciuto e originale di Novi Velia è la famosa e gustosa "muzzarella ind'à murtedda".

La tipica mozzarella è un formaggio a pasta filata ottenuto dalla trasformazione del latte di vacca vaccina, di forma piatta e allungata, che assume dal mirto in cui viene riposta gli umori e gli odori. Il termine "mortella" non è che l'italianizzazione del dialettale "murtedda", con cui si identifica la pianta del mirto, i cui rametti appaiono artisticamente disposti attorno alle mozzarelle, apparentemente per scopi puramente ornamentali. Eppure, questa usanza risponde a esigenze tutt'altro che decorative: in un'area dove il primo prodotto caseario è il caciocavallo, che nasce dalle vacche podoliche al pascolo sugli altipiani più elevati, non tutto il latte viene impiegato per ottenere il prezioso formaggio stagionato. Con una parte del latte munto, infatti, si produce un fresco formaggio di giornata da consumare al più presto: la mozzarella stracciata.

Così, mentre il caciocavallo si conserva negli alpeggi, per il necessario periodo di stagionatura, la mozzarella deve essere trasportata nei paesi delle valli prima di finire nei mercati e sulle tavole dei consumatori. Facile a dirsi ai nostri giorni, ma non altrettanto per i "pastori casari" di un tempo, i quali, in mancanza di frigoriferi e mezzi di trasporto veloci, scoprirono le virtù delle foglie di mirto quale protezione naturale per le mozzarelle. Avvolto nella mortella, il formaggio non solo conserva intatta la sua freschezza, ma dai rametti e dalle foglie trae l'aroma e il profumo di questo arbusto tipicamente mediterraneo, acquistando un gusto inconfondibile. Parte del merito spetta sicuramente alla speciale dieta delle mucche: nei pascoli del Cilento infatti, fra faggete, castagneti e ardite incursioni di macchia mediterranea, esse hanno a disposizione una straordinaria varietà di essenze erbacee il cui aroma passa dal latte al formaggio. Da consumare da solo o accompagnato a contorni di verdure e salumi, ma mai trasformato nella preparazione di più elaborati piatti. Pena la perdita delle peculiarità del prodotto fresco, con le sue inimitabili fragranze ed essenze.

La mozzarella ind'à a murtedda è celebrata nella sagra a lei dedicata che si tiene in Agosto nel giardino dei monaci celestini adiacente all'Ex convento dei Celestini.


EVENTI CULTURALI, RELIGIOSI ED ENOGASTRONOMICI


  • Apertura Santuario della Madonna del Sacro Monte - Ultima domenica di Maggio -

  • Festa ru scauratieddo "ra u salato a u doce" - Fine Luglio -

  • Feste Patronali (San Nicola) - Metà Agosto -

  • Sagra rà mozzarella ind'à murtedda - 17/21 Agosto -

  • Festival degli Antichi Suoni - Ultimo week-end di agosto -

  • Chiusura Santuario della Madonna del Sacro Monte - Seconda domenica di ottobre -

  • Presepe Vivente - Dicembre/Gennaio -



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